Unfinished Museum

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Stefano Faravelli

Come il Duomo di Strasburgo dove hanno lasciato il campanile incompleto… l’esegesi più attenta e spirituale dice che non è compiuto volutamente perché l’imperfezione della creazione fa parte della sua perfezione.

L’incompiuto nel senso più alto è un seme

Se ti dico “incompiuto” qual è la prima cosa che ti viene in mente?

Il quadro che mi aspetta tutte le mattine in studio e che non riesco a portare avanti.

Faccio sempre qualcos’altro, dico “oggi vado e lo finisco”, poi faccio altro, è da mesi che è incompiuto. Non è da me. Non mi è mai capitato con i quadri, invece ho tanti disegni non finiti perchè considerati sbagliati. É rarissimo che li butti via, li metto in un cassetto, poi dopo un po’ di tempo saltano fuori e scopro che c’è sempre qualcosa da salvare.

 I pittori antichi ri-finivano e usavano dire della loro opera che veniva “portata a perfezione”: il lavoro preparatorio di appunti e disegni non era degno di essere mostrato. E’ dall’opera finita  che si traevano i cartoni che la bottega avrebbe riusato. A parte poche eccezioni (Michelangelo!) il nonfinito è una scoperta della modernità. Il nostro secolo e il precedente hanno liquidato come poco interessante l’opera “portata a perfezione” e invece si sono concentrati sul processo, sull’iter creativo; l’arte informale è questo: rendere visibili i gesti del pittore. Credo che sia anche per questa peculiare sensibilità moderna verso il nonfinito che il carnet di viaggio incontra così tanto favore: per la sua capacità di svelare il processo, di simulare un viaggio, un percorso, un movimento.

Unfinished che colore/forma ha?

Penso all’immagine di un tappeto persiano, un tappeto orientale. Nei tappeti tradizionali c’è una parte non finita, lasciata volutamente non finita. Come nel Duomo di Strasburgo dove manca un campanile: l’edificio risulta mutilato, incompleto. L’esegesi più attenta e spirituale dice che non è stato compiuto volutamente perché l’imperfezione della creazione fa parte della sua perfezione: non puoi sfidare Dio. Inoltre il nonfinito apre al futuro mentre il finito chiude e limita. Inversamente però si può evadere solo dal finito… dall’infinito non si scappa.

C’è qualcosa che hai lasciato incompiuto nella tua vita?

Disegni, progetti, ma soprattutto mi viene da pensare alle relazioni. Certe amicizie che avrebbero potuto maturare e si sono esaurite per mia responsabilità. E’ questo l’ambito nel quale il nonfinito è più doloroso.

Per le opere è più forte la tendenza a compierle piuttosto che a lasciarle incompiute. E tuttavia anche nell’opera compiuta  si nasconde un non compimento .E’ il suo celare il seme di quella che la seguirà .Nel senso più alto l’incompiuto è un seme.

Il tuo fertilizzante preferito?

Lo stupore, ab origine, la filosofia nasce dallo stupore, i filosofi si interrogano sulle domande fondamentali, lo stupore muove a queste domande, io mi sento più filosofo che artista, artista è una parola malamente usurata.

Quand’è che un’opera per te è compiuta?

Quando comincio un’opera ho una immagine mentale di quest’opera, ma poi è l’opera stessa che prende la mano e ti guida.  Quindi ti sfugge dalle mani e l’immagine creata si rende autonoma da quella immaginata; spesso non c’è coincidenza, solo approssimazione. Forse è per reagire a questa eterogenesi che quando dipingo sono l’horror vacui fatto persona; se c’è un angolino bianco lì vado a dipingere, in ogni minuscolo angolo dei miei quadri c’è qualche cosa. Un tentativo di riprendere in mano quello che tende sempre a scappare. Invece nelle pagine dei taccuini di viaggio posso giocare con il non finito tanto più che a volte manca il tempo per finire.

3 parole che abbineresti ad incompiuto?

Seme, errore, rimpianto.

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