Unfinished Museum

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Luigi Camarilla

Spesso mentre sto lavorando quello che sto facendo genera un’altra opera o progetto e per questo rimane incompiuto. Ogni opera ne fertilizza altre.

 

Se ti dico Incompiuto qual è la prima cosa che ti viene in mente?

Scivolo subito nel personale, perché ho la tendenza a cominciare cose, progetti e a volte li finisco ma non li realizzo, a altre volte ancora rimando la fine perché intanto è nata l’intuizione per un’altra opera.

Unfinished di che colore/forma è?

Il colore per me è scuro, tende al nero perché deve ricevere la luce della realizzazione, la forma è un cerchio non ancora chiuso.

C’è qualcosa che hai lasciato incompiuto nella tua vita?

Il mio grande incompiuto è un romanzo che ho cominciato a scrivere quando andai via da Milano, sparendo per 3 anni dopo un cortocircuito esistenziale, me ne andai tra Stromboli e l’Etna. Lì ho cominciato a scrivere un romanzo, “Il pellegrinaggio degli amanti impossibili”, poi è successo che dentro il romanzo c’era un personaggio che costruiva 32 strutture votive, allora quella cosa mi ha deragliato l’esistenza, ho cominciato a costruire quelle strutture, le ho finite e poi ho voluto farle conoscere con una mostra e sono stato risucchiato in un gorgo che mi ha portato via dai miei intenti iniziali. Per 20 anni ho quotidianamente preso appunti mentali e appunti scritti per il romanzo. L’estate scorsa ho incontrato un editore, Angelo Scandurra, che mi ha proposto di sintetizzarlo in un racconto illustrato per una sua collana mitologia favolistica. Così ho scritto il racconto e fatto le illustrazioni, ma l’editore è mancato poco prima della pubblicazione e così anche questa volta non si è compiuto il ciclo di un’ opera.

Quando un’opera è compiuta?

Ci sono lavori su cui io metto le mani di continuo e se non me li tolgono da davanti io ci lavorerò tutta la vita. Ho un racconto incompiuto che parla di un ritratto che un artista fa alla sua donna e che negli anni, mentre cambia la donna, lui lo cambia e da allora che l’ha ritratta ragazza, gli strati di colore continuano fino a quando la ritrae vecchia. Poi lei muore e lui si ritrova con questo quadro che negli strati conserva tutta l’esistenza di questa donna, ce l’ha davanti e quest’opera che sembrerebbe compiuta invece crolla per il peso e si staccano tutti gli strati e la tela torna bianca. Questo è un racconto incompiuto che parla di un quadro incompiuto. Il finale ce l’ho nella testa, te l’ho raccontato ma non ancora scritto.

Compiere significa mettere a frutto, quell’opera ha finito per essere anche conosciuta. Ma se potesse dipendere da me, metterei mano a tutte le opere che ho fatto, qualcosa toglierei, qualcosa aggiungerei. L’incompiutezza per me è il continuo mutamento, il segno della trasformazione che è poi il senso dell’esistenza. Il quinto principio del Chibabalion (dei sette principi che hanno retto l’esoterismo) è che “”nulla è in quiete, ogni cosa, si muove ogni cosa vibra”. La scienza quantistica l’ha dimostrato, non esiste immobilità, e se tutto scorre può esistere il senso della compiutezza? 

Dove tieni i tuoi incompiuti?

Nella mia mente e mi perseguitano, quello è il luogo immateriale dove esistono. Poi come luogo materiale, sono sparsi ovunque, il mio grande sogno è avere un posto dove tenerli insieme.

Cos’è un fertilizzante per te? 

Spesso mentre sto lavorando, quello che sto facendo genera un’altra opera o progetto. Ogni opera ne fertilizza altre.

3 parole che abbineresti ad incompiuto?

Inquietudine, opportunità non colta, vibrazione, vitalità. 

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