Unfinished Museum

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Karin Marzocchini

Se ti dico Incompiuto qual è la prima cosa che ti viene in mente?

Un po’ un leitmotiv della mia vita, questa scintilla che prende luce e poi si spegne come un fuoco non acceso. 

Se ti dico Incompiuto qual è la prima cosa che ti viene in mente?

Un po’ un leitmotiv della mia vita, questa scintilla che prende luce e poi si spegne come un fuoco non acceso. Ieri sera, un esempio a caldo, abbiamo fatto un barbecue sulla spiaggia di Bagnaia con amici e dovuto al coprifuoco abbiamo dovuto sbaraccare alle 22; questo per me è un incompiuto. La serata sarebbe dovuta durare di più, avremmo fatto una lunga suonata, ma  non abbiamo calcolato bene i tempi con la carbonella e quando è arrivato il momento di cantare ci siamo visti costretti a chiudere baracca e burattini e tornarcene ognuno a casa propria. Ci sono tante letture dell’incompiuto, è un gran concetto che ha tanti prismi da cui guardare e scoprire. In che senso intenderlo? In sospeso? Sì però, ci sono tante altre sfaccettature.

Unfinished di che colore/forma è?

Ha la textura…la consistenza di nuvola. Come colore direi più qualcosa che ha a che vedere coi blu, il mare me lo richiama, è fluido, si insinua e può assumere forme distinte e diverse.

C’è qualcosa che hai lasciato incompiuto nella tua vita?

L’incompiuto che sento più a pelle, sempre a caldo,  perché ho un gran desiderio di mandarlo a fanculo, riguarda il mio compagno, scomparso dalla mia vita d’improvviso senza dir nulla e senza permettermi di dire nulla. Oggi sento la necessità di mettere un punto. 

Ho tempi moooolto lunghi ma poi alcune cose le chiudo; sono la regina della postergazione. Sono le idee artistiche che considero più incompiute: cose che ho immaginato, scritto in abbozzi che poi non proseguo, lì è il mondo del mio incompiuto, tante idee, troppi spunti; forse non mi sento mai abbastanza brava, il mio odioso senso di perfezionismo, autocritica e auto esigenza mi spingono a lasciar in sospeso…poi passa il tempo, e magari ( a volte) riprendo il bandolo.

In generale, cerco di vivere sul momento ciò che sento, l’incompiuto mi può far stare bene o male a seconda della situazione. Ci sono dei punti a capo, ma sono una persona elastica, per cui una chiusura completa non la sento con niente; non è detto che le cose non possano riacquisire un senso un domani, fa parte del surfare giorno per giorno, non mi turba che qualcosa sia incompiuto e non impedisco che un qualche giorno possa poi compiersi.

Quale è il tuo rapporto e le emozioni con le cose incompiute?

Riferito al fare, è un po’ conflittuale; è come l’immagine che dicevo della scintilla, di un’idea di qualcosa (che sia un film o un documentario o i miei lavori di ristrutturazione delle case, progetti, programmazioni di giornate) che si spegne perché mi manca la costanza per la compiutezza. Sono più abile a motivare gli altri nella perseveranza che a motivare me stessa, sto lavorando su questo, sulla capacità di credere in me stessa e portare a termine le cose. 

È come se stessi sorvolando su questo mondo di incompiutezza che mi accompagna. 

Forse è la motivazione che mi funziona come una scintilla, un fiammifero che a breve si spegne.

Se guardo ai miei incompiuti come incapacità di perseverare nell’entusiasmo, nel riuscire a far partecipi gli altri alle cose in cui credo è frustrante. So e sento che ho una energia particolare, solare, gioviale, ma forse non c’è quella convinzione profonda che fa sì che riesca a portare le “cose” a compimento o forse non sono capace di chiedere aiuto e questo ha varie ripercussioni. Tanto da imparare ancora.

Qualcosa di incompiuto che vorresti portare a compimento?

C’è una sceneggiatura di un lungometraggio che è lì da anni, ci rimetto le mani, riprendo e rimollo, poi ho anche una sceneggiatura finita da tempo di un cortometraggio che però non ho mai girato, perché ci deve essere il giusto momento, la la congiunzione adeguata. Prima di morire vorrei farlo, c’è stato un momento in cui un mio ex collega, aiuto regista mi ha detto: “te lo produco io”, ma per me non era il momento, era un tema molto intenso, drammatico, avevo fatto da poco un corto sulla tratta delle donne, e dopo quel lavoro avevo bisogno di leggerezza. 

Dove tieni i tuoi incompiuti?

Libricini, quadernini, libroni, tutti scritti a mano. Questi tanti libretti, con molte pagine in bianco, scritti da capo e da culo (cioè girati al contrario), fanno anche da diari delle diverse epoche e me li porto di casa in casa. Ho un sacco di scalette di sceneggiature, personaggi, film, episodi o frasi e percezioni che appunto per poi sviluppare,cose che poi non faccio quasi mai.

Cos’è un fertilizzante per te? Un fertilizzante di cui avrei bisogno../il mio fertilizzante preferito

Il confronto, lo scambio di opinioni, punti di vista. Stare in compagnia mi dà gioia e mi fertilizza.  Ultimamente tiro fuori temi che nessuno vuole affrontare perché mi interessa provocare, cercare reazioni, mettere scomodi, questionare ciò che diamo per assodato perchè ereditato e mai messo attivamente in discussione..

3 parole che abbineresti ad incompiuto?

Abbraccio, ciclo, apertura.

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