Unfinished Museum

Back to all Post

Chiara Capini

Ero reticente a fare questa intervista, perché pensavo di dover fare i conti con i miei fallimenti. In realtà, pensandoci, ho capito che l’incompiuto è tutt’altro che un fallimento.

Se ripenso agli incompiuti della mia vita, ce ne sono di tutti i colori: alcuni bruciano sulla pelle, sono rossi come il fuoco, altri hanno colori pastello perché stanno dormendo, altri ancora sono grigi, fanno parte della zona in ombra di te stesso.

 

Se ti dico Incompiuto qual è la prima cosa che ti viene in mente?

Ero reticente a fare questa intervista, perché pensavo di dover fare i conti con i miei fallimenti. In realtà, pensandoci, ho capito che l’incompiuto è tutt’altro che un fallimento. Credo che l’essere umano viva di incompiuti, che sono quello che ci spinge ad alzarci la mattina, a darci lo stimolo per nuovi progetti, per farli rinascere. L’incompiuto è il sale della vita, più che fallimento, mi aiuta a riflettere su me stessa.

Unfinished di che colore/forma è?

I colori dell’arcobaleno. Se ripenso agli incompiuti della mia vita, ce ne sono di tutti i colori: alcuni bruciano sulla pelle, sono rossi come il fuoco, altri hanno colori pastello perché stanno dormendo, altri ancora sono grigi, fanno parte della zona in ombra di te stesso. Poi ci sono incompiuti con colori predominanti: penso ad esempio al mio progetto del Museo del Blu, che è, ovviamente, blu in tutte le sue sfumature. Il progetto Family mix è arancione e azzurro come i colori che abbiamo scelto per la sua comunicazione e che per tre anni hanno fatto parte della mia vita. 

C’è qualcosa che hai lasciato incompiuto nella tua vita?

Tante cose. Penso a progetti nel senso più stretto del termine, quelli scritti, pensati, su cui ho investito tempo e non ho portato a compimento, ma anche ai progetti di vita più ampi. Family mix, il Network di scambio di babysitteraggio tra famiglie, è il più rappresentativo dei miei tantissimi incompiuti. Per me è l’incompiuto degli incompiuti perché il progetto è andato molto avanti, ci ho investito parecchio tempo ed energie, c’erano tante persone coinvolte. La nostra piattaforma avrebbe permesso di rendere virtuale una rete di fiducia reale allargandola e amplificandola e di utilizzare gli aiuti vicendevoli, normalmente utilizzati dai genitori nel quotidiano, anche per il tempo libero. Quello che mi chiedo tutti i giorni è come mai, a oggi, nessun altro abbia pensato di realizzarla. Poi, tra gli incompiuti a me cari, c’è il Museo Blu, un museo dedicato a questo colore, che ha molti collegamenti con la mia città, dal mare ai blue jeans, il cui nome nasce proprio da una storpiatura del nome di Genova. Il progetto è scritto, l’ho presentato in qualche occasione. Quando è su carta per me un progetto è già nato.

Quale è il tuo rapporto con le cose incompiute?

Altalenante, sento di avere un rapporto quotidiano con l’incompiuto, vissuto in tutti i modi, con tanti colori diversi. Ho il ricordo preciso del mio primo incompiuto che per me è grigio. Al termine di un lavoro di organizzazione per una fiera del commercio equosolidale a Milano, mi era stata chiesta una relazione finale, la fiera era andata bene, ma la relazione non è mai arrivata a compimento per tutta una serie di contingenze. Mi porto dietro questo fagotto da vent’anni, è ancora lì nei miei pensieri. Per me l’incompiuto ha a che fare con l’identità: l’essere un’eterna laureanda (iscritta nel ‘93 e laureata nel 2007) era una componente della mia identità, come il fatto che fossi senza patente fino a 35 anni. Le cose che non concludo sono pezzi di identità da cui riesco a staccarmi con fatica.

Qualcosa di incompiuto che vorresti venisse finito

Tante tante cose, prima di morire vorrei che la situazione femminile facesse un upgrade. Dal momento in cui è iniziata l’emancipazione c’è stata una accelerazione, ma siamo ancora lontane dalla effettiva parità. Vorrei vederla e nel mio piccolo mi impegno anche per realizzarla.

Dove tieni i tuoi progetti incompiuti? 

Li tengo nel computer, ma ho imparato a parlarne, prima avevo timore e ne parlavo solo se mi fidavo. Pensavo che le mie idee potessero essermi sottratte da altri, poi ho imparato a vincere la paura ed ho capito che più se ne parla, più possibilità abbiamo di realizzarle. 

Cos’è un fertilizzante per te? 

Le relazioni, lo scambio, parlare, conoscere persone e altri progetti, lo scambio di idee. Mi ha fertilizzato molto ad esempio fare la tutor al Master perché è stato un anno in cui ho intessuto diverse relazioni a tanti livelli e imparato molte cose.

3 parole che abbineresti ad incompiuto?

Identità, insoddisfazione, stimolo.

1 Comment

  • alessandra barisone
    Gennaio 4, 2022

    Un uomo che lasciai mi disse: “non lamentarti se non hai proseguito il tuo percorso d’arte visto che non sei un genio”. Questo museo è una lode che premia tutti coloro si sono sentiti umiliati da frasi come queste! Grazie per chi ha avuto un’idea così brillante! Nulla è ancora terminato, non ho perso uno o piu’ treni, nel presente si riscrive anche il passato, basta un istante!

Add Your Comment