Unfinished Museum

Emanuela Di Pasqua

Giornalista, insegna ai bambini (che le insegnano sempre più cose), ama viaggiare e ama le persone, adora scrivere e le piacciono le storie, non potrebbe vivere senza la musica. É mamma orgogliosa di Maria. 51 anni, Genova.

Mi chiamo Emanuela, ma da piccola volevo chiamarmi Consuelo. Solo crescendo ho imparato ad amare il mio nome il cui significato etimologico è niente po’ po’ di meno che “Dio con noi”. Oggi sono e mi sento Emanuela e quando pronuncio il mio nome, che ha scelto mio padre per me, ne sono così fiera! Ho due sorelle, io sono la media, e credo proprio che la mia “meditudine” abbia condizionato non poco la mia crescita. Non starò qui a spiegare come e perché: chi è figlio /a di mezzo capirà. Ho una mamma psicologa e non so se è per il suo mestiere o se è perché lei è fatta così (e di conseguenza ha scelto questo mestiere), sta di fatto che io mi sono sentita molto accolta e capita. Sempre da piccola volevo sposare mio papà e andare a vivere in un rigatone. Sempre da piccola studiavo tantissimo, mi facevo regalare solo libri ed ero maledettamente territoriale.

Poi sono cresciuta e oggi sono una donna (anche se mi percepisco ancora ragazza) abbastanza serena, non troppo realizzata, ancora molto sognatrice, energica, amante del cibo e della buona compagnia, dei film d’amore e della musica vintage. Adoro scrivere e mi piacciono le storie, amo il pensiero infantile (che ho scoperto nella sua totalità da quando insegno ai bambini), amo gli animali (non tutti) e sono un’osservatrice delle persone. La mia vera passione però sono i viaggi: ho sperperato capitali per poter vedere il mondo e non ne avrò mai abbastanza. L’altra mia passione è mia figlia: si chiama Maria e come dicono i ragazzini fra di loro quando sono innamorati “è il mio tutto”.

Avrei voluto finire il liceo classico, fare l’avvocato, continuare a scrivere, essere più benestante, avere una casa in campagna, imparare a suonare il piano un po’ meglio (mica tanto, solo un pochino), avere la carnagione più scura, non avere lo strabismo di Venere, essere un po’ meno alta (tanto da poter portare i tacchi), essere più sicura di me stessa. Ma ho Maria, ho ancora la mamma (quella che mi accoglie) e ho i viaggi (o meglio li riavrò). Amo la mia vita, quasi tutti i giorni. E credo fortemente e nonostante tutto nell’umanità.

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